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A usanza nuova non correre.
Chi non è uso a portar le brache, le costure gli danno noja.
Ciò che s'usa non fa scusa. È difficile condurre il can vecchio a mano. È meglio errar con molti ch'esser savio solo-- e
Il bue mangia il fieno perché si ricorda che è stato erba.
Il magnano tanto salta con le bolge quanto senza.
Perché ci sta sempre: ab assuetis non fìt passio.
Le buone usanze vanno rispettate.
Le novità duran tre dì, e quando van di trotto, le non duran più d'otto.
L'uso fa legge.
L'uso serve di tetto ai molti abusi.
L'uso vince natura.
Nessuna maraviglia dura più di tre giorni.
Rana di palude sempre si salva--e Ad ogni santo la sua candela.
Campano sulla pelle altrui.
Chi loda per interesse, vorrebbe esser fratello del lodato.
Chi t'accarezza più di quel che suole, o t'ha ingannato o ingannar ti
vuole.
Chi ti loda in presenza, ti biasima in assenza--e
Da chi ti dona, guardati.
Gola degli adulatori, sepolcro aperto.
In casa dell'amico ricco sempre ammonito; in quella dell'amico povero,
sempre lodato.
I panioni fermano, ma le civette chiamano.
La carne della lodola piace ad ognuno--e
Lodi e lodola per lode, giochetti di parole.
La lode giova al savio e nuoce al matto.
La vita dell'adulatore poco tempo sta in fiore.
Vuoi tu un cuore smascherare? sappilo ben lodare.
A chi piace il bere, parla sempre di vino--e
A gusto guasto non è buono alcun pasto--e
Amor non ha sapienza, e l'ira non ha consiglio.
A molti puzza l'ambra.
Animo appassionato non serba pazienza.
Aspetta il porco alla quercia.
Chi ha buona cantina in casa non va pel vino all'osteria --e
Chi non arde, non incende.
Chi più arde più splende.
Dei gusti non se ne disputa.
Dove la voglia è pronta, le gambe son leggiere.
Chi va in gogna, non fa il servizio volentieri.
<<V.E. può farmi piangere ma non cantare>>
diceva il musico Marchesi al generale Miollis.
Ma quello del gatto è brutto mestiere. Il diavolo può tentare, ma non precipitare.
La lingua batte dove il dente duole.
Le belle cose piacciono a tutti fino a' minchioni--e
Mal si balla bene se dal cor non viene.
Non manchi la volontà, che luogo e tempo non mancherà--e
Sdegno e vergogna son pien d'ardire.
Se i desiderii bastassero, i poveri anderebbero in carrozza.
Sotto la bianca cenere, sta la brace ardente.
Tempo e fantasia si varia spesso--e
Agli ulivi, un pazzo sopra (o da capo), e un savio sotto (o
da piè).
Cioè bisogna tagliar molto e molto sugare; ma il primoo
vale secondo i luoghi.
A mezzo gennaio, mezzo pane e mezzo pagliaio.
Ara co' buoi, e semina colle vacche.
Beato quel campetto che ha siepe col fossetto.
Casa fatta e vigna posta, mai si paga quanto costa.--e È ben comprare casa in buon essere e podere trasandato.
Garzoni, gli opranti fissi nelle case dei
contadini, quelli che in alcuni luoghi chiamano mesanti, perché gli pagano
a mese; ma se una volta gli abbiano licenziati, non è bene ripigliarli:
così della garzona, o fante, o guardiana che non sia della famiglia. Serva
è generico, e s'intende più spesso di quelle che stanno a servizio nelle
case.
Chi affitta il suo podere al vicino, aspetti danno o lite o mal mattino--e La Toscana è tutta mezzerie: quindi gli affitti in
discredito e non a torto, come speculazione da scioperati o da falliti.
Chi ara l'uliveto addimanda il frutto--e
Chi ben coltiva il moro, coltiva nel suo campo un gran tesoro.
Chi cava e non mette, le possessioni si disfanno.
Chi ha carro e buoi, fa bene i fatti suoi.
Chi ha quattrini da buttar via (o Chi ha del pan da tirar via),
tenga l'opre e non ci stia.
Fa più il padrone co' suoi occhi, che l'opre col badile. Chi lavora di settembre, fa bel solco e poco rende.
Chi lo beve (il campo), non lo mangia.
Chi semina con l'acqua, raccoglie col paniere--e
Nessuna sementa si fa bene nel terreno molle. Vero è
però che l'ultimo di questi proverbi è anche usato diversamente secondo i
luoghi; ed in alcuni dispiace la sementa troppo asciutta. Tempo sementino
chiamano quelle giornate coperte, ma non però troppo fredde, con un po' di
nebbia la mattina ed ogni tanto una pioggerella, dopo la quale il capoccio
esce fuori a seminare anche a rischio di dovere per qualche altra scossetta
rifarsi più volte, cogliendo il tempo ed agiatamente, come sogliono d'ogni
faccenda.
Chi vuol di vena un granajo lo semini di febbraio.
Chi vuole aver del mosto, zappi le viti d'agosto.
Chi vuole ingannare il suo vicino, ponga l'ulivo grosso e il fico
piccolino.
Chi vuole il buon bacato, per San Marco o posto o nato--e
Dal fiore al coppo vi è un gran trotto. Chi vuole un buon potato, più un occhio e meno un capo.
Fammi povera, ti farò ricco--e Chi vuol vin dolce non imbotti agresto.
Dice il porco, dammi dammi, né mi contar mesi né anni.
D'ottobre il vin nelle doghe--e Fattore, fatto re.
Figlio di fava e babbo di lino.
Grano e corna vanno insieme.
Gran pesto fa buon cesto.
Il bue lascialo pisciare e saziar di arare.
Il buon lavoratore rompe il cattivo annuale.
Del fitto non ne beccan le passere. Il fieno folto si taglia meglio del chiaro.
Il guadagno si fa il giorno della compra.
Il sugo non è santo, ma dove casca fa miracoli.
Il vecchio pianta la vigna, e il giovine la vendemmia.
Il vino nel sasso, ed il popone nel terren grasso.
In campo stracco, di grano nasce loglio.
In montagna chi non vi pota non vi magna.
L'acqua fa l'orto.
La pecora ha l'oro sotto la coda.
La saggina ha la vita lunga.
Lavora o abborraccia, ma semina finché non diaccia--e
Le bestie vecchie muoiono nella stalla de' contadini minchioni.
Loda il monte e tienti al piano.
L'orzòla, dopo due mesi va e ricòla.
Non mi dare e non mi tòrre; non mi toccar quando son molle.
L'annestare sta nel legare. Per San Gallo (16 ottobre) para via e non fai fallo.
I contadini un po' agiati ingrassano un porco, il quale
sogliono ammazzare al principio dell'inverno, e serve poi tutto l'anno pel
consumo della casa.
Per Sant'Urbano (25 maggio) tristo quel contadino che ha l'agnello in mano.
Poco mosto, vil d'agosto--ovvero
Pota tardi e semina presto, se un anno fallirai, quattro ne assicurerai.
Presto per natura, e tardi per ventura.
Quando canta il Cucco v'è da far per tutto; o cantare o non cantare, per
tutto c'è da fare.
Quando canta il Ghirlindò (o Ghirlingò), chi ha cattivo padron
mutar lo può.
Quando canta il Fringuello, buono o cattivo, tienti a quello.
Quando canta il Merlo, chi ha padron si attenga a quello.
Canta di settembre e d'ottobre, vegnente il verno, nel quale tempo è
mala cosa ai contadini trovarsi senza padrone. Il tempo utile per le
disdette scade in Toscana a' 30 novembre.
Quando il grano ricasca, il contadino si rizza.
Quanto più ciondola, più ugne.
Il curioso raccoglie frutto--e quindi Chi vuol lavoro degno, assai ferro e poco legno. L'aratro ha la punta di ferro; la zappa l'ha d'argento; D'oro l'ha la
vanga; e quando vuoi far lavoro degno, metti tra la vanga molto ferro e poco
legno.
Se ari male, peggio mieterai.
Se d'aprile a potar vai, contadino, molt'acqua beverai e poco vino--e
Se tagli un cardo in april, ne nascon mille.
Se tu vuoi empir le tina, zappa il miglio in orecchina.
Tante tramute, tante cadute--ovvero
Correggere i padroni troppo facili a mutare i lavoratori;
e i lavoratori troppo facili a mutar padrone.
Terra magra fa buon frutto.
Tra mal d'occhio e l'acqua cotta, al padron non gliene tocca.
Vigna al nugolo fa debol vino.
Allegrezza fa bel viso (o fa lustrare la pelle del viso).
Allegria segreta, candela spenta.
Animo e cera, vivanda vera.
Le voglie si pagano, Aveva più esperienza.
Chi troppo ride ha natura di matto; e chi non ride è di razza di gatto.
Chi vuol vivere e star bene, pigli il mondo come viene.
La morte ci ha a trovar vivi.
Faccia chi può, prima che il tempo mute: che tutte le lasciate sono
perdute--e
Chi ha fatta la roba, può far la persona. Grave cura non ti punga, e sarà tua vita lunga.
Il pianger d'allegrezza è una manna.
Il piangere puzza a' morti e fa male a' vivi.
Il riso fa cuore--e
La roba non è di chi la fa, ma di chi la gode.
Non s'ha se non quello che si gode.
Palla in bocca e fiasca in mano.
Para via malinconia, quel ch'ha da essere convien che sia.
Pazzo e colui, che strazia sé per dar sollazzo altrui.
Pensiero non pagò mai debito--o
Va' in piazza, vedi e odi: torna a casa, bevi e godi.
Alla corte del Re ognun faccia per sé.
Chi a molti dà terrore, di molti abbia timore.
Chi fa temere ogni uomo, teme ogni cosa.
Chi ha prete o parente in corte, fontana gli risurge.
Chi comincia andare un po' in su non vorrebbe finirla più.
Fumo, fiore e corte, è tutt'uno.
I cortigiani hanno solate le scarpe di buccie di cocomero.
Il campanile non migliora la cornacchia.
Il gran signor non ode, se non adulazion, menzogna e frode.
La prima scodella piace a tutti.
Ognuno vorrebbe il mestolo in mano.
Lontan da' signori, lontan da' disonori.
Nelle corti, la carità è tutta estinta, né si trova amicizia se non
finta.
Nelle stracce e negli straccioni s'allevano di gran baroni.
Non è buon anno quando il pollo becca il gallo.
Penitenza senza frutto, epiteto della corte.
Per proverbio dir si suole, Signor di maggio dura poco.
Abitudini, Usanze
Prudenza conservativa che risiede massimamente nel popolo,
quando egli segue suo proprio istinto e sua ragione.
Cavallo vecchio, tardi muta ambiatura.
Ambiatura, vale andatura di cavallo, asino o mulo, a passi
corti e veloci, mossi in contrattempo.
Chi ha portata la tonaca puzza sempre di frate.
Non tutte le cose sono scusabili per dire: così fanno gli
altri. (SERDONATI)
Consuetudine è una seconda natura.
Mutare, cioè, gli abiti lunghi ed invecchiati.
È meglio ammazzare uno (o È meglio ardere una città) che mettere una
cattiva usanza.
Meglio errar con molti che da sé stesso.
È meglio volta che stravolta.
Il Veneziano dice: Xe megio na volta che na stravolta,
e lo spiega così. Cioè, è meglio prender la vecchia strada, più lunga ma
sicura, che non una che non sai dove riesca, e può condurti a rovina. --Stravolta:
slogatura d'un piede facile in terreno disuguale.
È un cattivo andare contro la corrente (o contro il vento).
Vuol dire che s'ama spesso anche di memoria: amore buono,
amore di gratitudine.
Abituato a portarle sempre è come se non le avesse.
Il vino di casa (o il vino che si pasteggia) non imbriaca.
Perché si usa temperatamente. Ma pure abbiamo:
Il pan di casa stufa.
La catena non teme il fumo.
Proverbio fatto dagli stemperati..
La moda va e viene--e
Alla moda vagli dietro.
Le cose rare son le più care--ovvero
I due veramente fanno ai cozzi, ma la gente non se ne avvede,
perché quando a molti si vede fare una cosa, pare che tutti l'abbiano fatta
sempre, e che sia la cosa più naturale del mondo quando anche sia la più
bestiale.
Cosa rara, cosa cara.
Le buone usanze van tutte a perdersi.
A uno che si faccia vedere di rado siamo soliti dire: ti sei
reso prezioso.
Però:
Cioè quando sono strepitose e in gran voga.
L'uso doventa natura.
La rana avvezza nel pantano, se ell'è al monte torna al piano.
Né per caldo o per freddo o poco o assai
Si può la rana trar dal fango mai (Orlando Innamorato.)
Adulazioni, Lodi, Lusinghe
Ad ogni potente la scappellata, dice l'ambizioso; a ogni
donna gli occhi dolci, dice il libertino.
Adulatori e parassiti son come i pidocchi--e
Can che molto lecca succhia sangue.
Anco il cane col dimenar la coda si guadagna le spese --e
Non dar del pane al cane ogni volta che dimena la coda.
Bacio di bocca spesso cuor non tocca--e
Tal ti ride in bocca che dietro te l'accocca--e
Chi ci loda si dee fuggire, e chi c'ingiuria si dee soffrire.
V'è chi bacia tal mano che vorrebbe veder mozza--e
Tal ti fa il bellin bellino che ti mangerebbe il core.
Dio ti guardi da quella gatta che davanti ti lecca e di dietro ti graffia.
Chi ti vuol male ti liscia il pelo.
Da Lodi (paese) passan tutti volentieri.
La lingua unge e il dente punge.
L'ubriacato dalla lode s'apre a dire quello che non
vorrebbe.
Affetti, Passioni, Gusti, Voglie
L'orso sogna pere--e
Acqua passata non macina più.
Il porco sogna ghiande--e
Scrofa magra, ghiande s'insogna.
Si dice delle impressioni o degli affetti dimenticati.
Affezione accieca ragione.
Gusto guasto è come vin da fiasco.
Allo svogliato il méle pare amaro.
Gli stomachi, gli umori, gli affetti guasti, per non
confessare il puzzo che hanno dentro, lo accusano fuori. --Un Contadino dava
il tabacco al Padrone, che avendone preso un poco, e accostato al naso poi
lo gettò via dicendo: <<E' sa di briccone;>> e il Contadino:
<< Lustrissimo, l'enno le dita.>>
Se vuoi cogliere l'uomo sul fatto, aspettalo dove egli suole
capitare, dove ha il ripesco, dove lo tirano qualche sua necessità o
voglia.
A vecchia che mangia pollastrelli, gli vien voglia di carne salata.
Dicesi quando alcuno lascia il meglio per attenersi a cosa
men buona.
Chi ha bocca vuol mangiare.
Chi ha vitella in tavola non mangia cipolla.
Chi maneggia il mèle si lecca le dita--e
Chi ha fatto il saggio del mèle non può dimenticare il lecco.
Chi lecca i piatti, deve leccare in terra.
Cioè chi non s'infiamma nel bene operare, non induce gli
altri a ben fare. (SERDONATI.) Ma vale per tutti gli affetti: Si vis me
flere, dolendum est Primum ipsi tibi. (ORAZIO.)
Chi non può, sempre vuole.
<<Les grandes pensés viennent du coeur,>>
dicono bene i Francesi: e così pure i grandi fatti.
Chi più vuole, meno adopera.
Le voglie troppo intense riescono talvolta inerti
s'intricano in sé medesime, come l'acqua non sa uscire da Un fiasco voltato
all'ingiù, perché il vaso è troppo grande e la bocca troppo stretta.
Chi sempre beve non ha mai troppa sete--e
L'impetuosa doglia entro rimase,
Che volea tutta uscir con troppa fretta, ecc. (ARIOSTO.)
Colombo pasciuto, ciliegia amara--e
Chi troppo frena gli occhi, vuol dire che gli sono scappati.
Chi non mangia ha del mangiato--e
Chi non mangia a desco, ha mangiato di fresco--e
Gallinetta che va per cà, o la becca o l'ha beccà: se la non becca a
desco, l'ha mangiato di fresco.
Come saturo augel che non si cali
Ove il cibo mostrando altri lo invita. (TASSO.)
Così faceva il frate Cristoforo: e queste cose bisogna
lasciarle dire al Manzoni.
Con la voglia, cresce la doglia--e
Chi assai desidera, assidera.
Dagli effetti si conoscono gli affetti.
E al contrario:
E' si può fare il male a forza ma non il bene--e
Per forza si fa l'aceto--e
Gatto che non è goloso non piglia mai sorcio--e
Cosa per forza non vale scorza.
Se il tuo gatto è ladro, non lo cacciar di casa.
Il cuore ha le sue ragioni e non intende ragione--e
Cuore malato non sente ragione.
Il cuore non sbaglia.
Lo dicono particolarmente Ie madri nei presentimenti lieti e
tristi del loro cuore:
Il lupo sogna le pecore, e la volpe le galline.
Nelle sue visioni quasi divino.
Ognuno ha colpa de' suoi errori; le tentazioni, le passioni,
sono scuse povere.
Il potestà nuovo manda via il vecchio--e
I santi nuovi metton da parte i vecchi--e
Gli amori nuovi fanno dimenticare i vecchi.
I santi vecchi non fanno più miracoli--e
Ai santi vecchi non gli si dà più incenso.
Le nuove cose fanno scordare le antiche; gli affetti si
consumano .
L'abbondanza genera fastidio.
Tutte le bocche son sorelle: ed aggiungesi da quella del lupo in
fuori, che vuole tutto per sé.
Le cose vanno fatte quando se ne sente il bisogno.
Il ballo è cosa da innamorati. Ma vale poi anche che nessun
divertimento ti fa pro, se non vi hai l'animo disposto. Nota qui male,
che sta per difficilmente.
Non è bello quel ch'è bello, ma è bello quel che piace.
Quando c'è la volontà, c'è tutto--ovvero
Ogni granchio ha la sua luna.
La volontà è tutto (o tutto fa)--e
A buona volontà non manca facoltà.
Quando la luna è tonda i granchi son pieni. (SERDONATI.)
Per fare una cosa bene, bisogna esser tagliati a buona luna.
A bene riuscire in una cosa, conviene esservi tagliati,
cioè inclinati; essere in buona luna per farla, in buona disposizione,
averne voglia.
Più da noi è bramato, chè più ci vien negato.
Ruimus in vetium--e
Anco Adamo mangiò del pomo vietato.
Quando è alta la passione è bassa la ragione.
Si cambia più spesso di pensiero che di camicia.
Vedere e non toccare, è un bello spasimare--e
Volontà è vita.
Agricoltura, Economia rurale
Come pure:
Albero che non fa frutto, taglia taglia.
Leva da capo e poni da piè.
Vale anche figuratamente.
All'apparir degli uccelli non gettar seme in terra.
Si può intendere anche del non far cose che poi ti sieno
guastate.
A mezzo gennaio, metti l'operaio.
I buoni contandini pigliano spesso a mezzo gennaio l'oprante
di fuori per affrettare i lavori, i quali è bene sieno fatti innanzi alla
primavera.
A Natale, mezzo pane; a Pasqua, mezzo vino.
Significa che il contadino deve procurare d'avere in casa a
Natale la metà del pane per il suo consumo, ed a Pasqua mezzo il vino per
le imminenti faccende. Dicesi anche:
Andare scalzo e seminar fondo, non arricchì giammai persona al mondo.
Nel lavorare la terra giova fare il solco profondo, ma non
tanto poi nella sementa;--e
Chi lavora la terra colle vacche, va al mulino colla pulledra (o
colle somare).
A San Martino la sementa del poverino--come pure
Le quali portano poca soma;--e
Ara poco (poco tratto) ma minuto e fondo se tu vuoi empire
il granajo da cima a fondo.
Non deesi badare alla quantità, ma alla qualità nel lavoro
della terra.
Sta meglio il grano al campo, che al mulino.
Avaro agricoltor non fu mai ricco.
In quei giorni il grano da seme vuole già esser sotterrato.
Cioè difeso ed asciutto.
Casa fatta e vigna posta, non si sa quel che la costa.
Ma si dice anche:
Casa fatta, possession disfatta--ovvero
Caro costa la vigna della costa.
Casa fatta e terra sfatta.
Cavol riscaldato e garzon ritornato, non fu mai buono--e
Serva tornata non fu mai buona.
Cento scrivani non guardano un fattore, e cento fattori non guardano un
contadino.
Chi affitta sfitta--ovvero
Chi ara da sera a mane, d'ogni solco perde un pane.
Chi affitta sconficca--e dicesi anche
Chi alluoga accatta.
Cioe, da Ponente a Levante, perché un lato d'ogni porca
rimarrebbe senza sole.
Chi ara il campo innanzi la vernata, avanza di ricolta la brigata.--e
È meglio una buona e secca scalfittura che una buona e molle aratura.
Chi ara terra bagnata per tre anni l'ha dissipata.
Perché:
Chi lo letamina l'ottiene, chi lo pota lo costringe a fruttar bene.--ma
Chi assai pone (ed anche Chi lavora e Chi semina) e non custode,
assai tribola e poco gode.
Il letame quand'è troppo forte alle piante dà la morte.
Se il letame è troppo possente abbrucia la capigliatura
delle radici e non possono queste più ricevere e filtrare i sughi della
terra. Allora il sugo fattosi glutinoso si condensa e fa talvolta morire le
piante.
S'intende del concime, ed anche del ripiantare.
Chi disfà bosco e prà, si fa danno e non lo sa--e
Chi ha un buon prà, ha un tesoro e non lo sa.
Chi disse piano, disse tanto piano, che non ne toccò a tutti.
Nel primo caso piano vuol dire pianura, nel
secondo vale a voce bassa. Questo gioco di parole sta a significare
che le terre in pianura sono desiderate da molti.
Chi dorme d'agosto, dorme a suo costo.
L'estate non è stagione da oziare pe' contadini: Qui
stertit æstate, filius confusionis. (Proverbi.)
Chi fa le fave senza concio, le raccoglie senza baccelli.
Fare per seminare.
Chi ha bachi non dorma.
Tener l'opre, pigliare gente di fuori per fare un
lavoro;--e
Chi ha tutto il suo in un loco, l'ha nel foco.
Badile, strumento di ferro simile alla pala per cavar
fossati.
Cioè in pericolo.
Chi ha un buon orto, ha un buon porco--e
Chi non ha orto e non ammazza porco, tutto l'anno sta a muso torto.
Chi ha vigna ha tigna.
Usasi a Roma dove le vigne recano grandi fastidj. (SERDONATI.)
Chi ha zolle, stia con le zolle.
Nei campi troppo vitati, la sementa rende poco.
Chi non ha il gatto mantiene i topi e chi l'ha mantiene i topi e il gatto.
Vale che, chi tiene il custode dei campi per guardarli dai
ladri, spesso non fa che mantenere il custode ed i ladri. Il che deve render
cauti i proprietari nella scelta di questo custode. (PASQUALIGO, Prov.
ven.)
Chi non semina non ricoglie.
Si usa anche figuratamente.
Chi non sa comprare compri giovane--e
Sulla gioventù non si fece mai male.
Chi pianta datteri non ne mangia.
Nella compra del bestiame e in altre cose ancora.
Credesi che il dattero duri cento anni prima di dar frutto.
Chi pon cavolo d'aprile, tutto l'anno se ne ride.
Posto in aprile spiga presto, ma non fa grumolo.
Chi prima nasce, prima pasce.
Il grano seminato per tempo tallisce meglio.
Chi semina buon grano, ha poi buon pane; chi semina il lupino, non ha né pan
né vino.
Chi semina nella mota raccolta vuota--e
Chi semina fave, pispola grano.
Chi semina nella polvere, faccia i granaj di rovere--e
Le fave nel motaccio, e il gran nel polveraccio.
La miglior caloria è quella delle fave.
Chi semina in rompone (o arrompone) raccoglie in brontolone.
Chi aspetta a rompere i campi a sementa, oppure, chi semina
nel campo solamente rotto e non rilavorato e messo a seme, raccoglie poco. (LAMBRUSCHINI.)
Chi semina sulla strada, stanca i buoi e perde la semenza.
E un altro dice:
Chi pota di maggio e zappa d'agosto, non raccoglie né pane né mosto.
A San Marco (25 aprile) il baco a processione--e
Chi vuole tutte l'ulive non ha tutto l'olio--e
A San Marco nato, a San Giovanni assetato.
Chi vuole tutta l'uva non ha buon vino.
Chi vuole un buon agliaio, lo ponga di gennaio.
Cioè che ad averlo buono vuolsi l'uva ben matura e non
affrettarsi a vendemmiare, come fanno i contadini per la paura che sia
rubata. E chi vuole tutto l'olio gli conviene aspettare e rassegnarsi se
qualche oliva gli casca.--Ma il proverbio non tiene più, dacché si è
visto che le olive con lo stare troppo sulla pianta danno olio peggiore; e
dicesi anche:
Detto dell'ulivo quando fiorisce molto, ma prima che sia a
maturità vi son di gran pericoli.
S'intende della vite, alla quale pure fanno dire:
Chi vuole un buon rapuglio, lo semini in luglio--e
Ramo corto, vendemmia lunga.
Se vuoi la buona rapa, per Santa Maria (15 agosto) sia nata.
Chi vuole un'oca fina, a ingrassare la metta a Santa Caterina.
I contadini un po' agiati mettono ad ingrassare delle oche,
le quali sogliono poi uccidere a santa Lucia (13 dicembre) e le conservano
per la state, come più universalmente si suol fare del porco.
Chi vuole un pero ne ponga cento, e chi cento susini ne ponga un solo.
E nel figurato significa, chi vuole dolce vita non metta
male.
Con un par di polli, si compra un podere.
Lo dicono i contadini della facilità di mutar podere.
Da San Gallo (16 ottobre) ara il monte e semina la valle.
E dicesi anche:
Da vivo nessun profitto e da morto tutto--e
Di settembre e d'agosto, bevi il vin vecchio e lascia stare il mosto.
Il porco vuol mangiare sporco e dormire pulito.
Non t'affrettare alla vendemmia; ma
Dove è abbondanza di legno, ivi è carestia di biade.
A vendemmia bagnata la botte è tosto consolata.
Ne' luoghi boschivi, ed anche nei terreni molto piantati:--e
Piante tante, spighe poche.
Dove non va acqua ci vuol la zappa.
Cioè in collina.
Dove passi il campano nasce il grano.
Il campano pende dal collo del becco, guida dell'armento che
ingrassa i campi.
È meglio dare e pentire, che tenere e patire.
Può intendersi d'ogni cosa, ma principalmente del bestiame.
Giovano le spesse vendite ancoraché si guadagni poco, perché a tenere le
bestie lungo tempo sulla stalla consumano troppo.
È meglio un beccafico che una cornacchia.
Intende che s'abbiano a comprare bestie grasse.
Fammi fattore un anno, se sarò povero mio danno.
E altramente:
Fattore nuovo, tre dì buono.
Le fave quando riscoppiano dopo il gelo, fanno il loro
frutto, non così il lino. (LASTRI.)
Formento, fava e fieno non si volsero mai bene.
È difficile che tutti tRe provino bene lo stesso anno.
Gente assai, fanno assai, ma mangian troppo, (o grande
schiamazzo e lavoro mai).
Dei molti opranti a giornata e dei garzoni.
Giugno, la falce in pugno; se non è in pugno bene, luglio ne viene.
Di luglio è tardi a segare il grano: ma fa poi male anco
chi anticipa temendo che il sole troppo repente gli dia, come suol dirsi, la
stretta, perché
Non v'è la peggio stretta di quella della falce.
Gran fecondità non viene a maturità.
Quando il primo è a buon mercato, il bestiame non è caro,
e viceversa.
Grano già nato non è mai perso.
Annuale, è voce solenne dei contadini per annata,
cioè, per l'insieme delle stagioni, o del prodotto di un anno.
Il gran rado non fa vergogna all'aja.
Loda seminare il grano rado. Quanto al grano turco dicesi:
Fatti in là fratello se tu vuoi che facciamo un bel castello.
Cioè una bella pannocchia;--e
Scalzami piccolo e incalzami grande.
Il campo con la gobba dà la robba.
È il gran turco che parla: ed è savio consiglio seguito
dai buoni agricoltori. E quando si dice:
deve intendersi che non ne beccano, perché il grano viene
di cattiva qualità, e le passere, come gli altri uccelli, cercano sempre il
migliore.
Nel mentre che il proverbio accenna un fatto chiaro per sé,
dà anche un buon consiglio per la seminatura dell'erbe.
Il lino per San Bernardino (20 maggio) vuol fiorire alto o piccino.
Detto specialmente del bestiame.
Il miglio mantiene la fame in casa.
Il miglio seminato spesso è a carico, e non leva la fame.
Il pennato è quello che fa la foglia.
Il gelso si rinforza tagliandolo per l'anno seguente; ma il
coltello, come dicono i nostri villani, dev'essere ben tagliente onde non
iscorticare quella pianta delicata, che altrimenti ne soffrirebbe assai,
tISS.li, anziché averne vantaggio.
Il proprietario di campagna trema sei mesi dal freddo e sei dalla
paura.
Pel concime: onde dice
La pecora sul c. . . è benedetta e nella bocca maledetta--ovvero
La pecora sarebbe buona se la bocca l'avesse in montagna ed il c... in
campagna.
La prima oliva è oro, la seconda argento, la terza non val niente.
Cioe il suo dente è fatale alle piante;--e
La pecora è per il povero, non il povero per la pecora.
Rende molto ma vuol esser trattata bene. (PASQUALIGO, Proverbi
veneti).
Sta molto sotto terra prima di nascere; ma con un gioco di
parole s'adopra pure a significare la felicità del saggio.
La segale nella polverina e il grano nella pantanina.
La segale vuol terreno piuttosto sottile; il grano ama le
terre grosse che si chiamano pantanine, perché sono atte a far pantano (LAMBRUSCHINI.)
La segale o il segalato fece morir di fame la comare.
O molle o asciutto, per San Luca (18 ottobre) semina.
Lavoratore buono, d'un podere ne fa due; cattivo ne fa un mezzo.
Va' e ricoglila.
Molta terra, terra poca; poca terra, terra molta.
La molta terra lavorata male, equivale alla poca, e
viceversa: Laudato ingentia rura, Exiguum colito. (Georgiche.) E l'Alamanni
Neanche il contadino ara bene se non s'inchina.
Quando ben culto sia, che il molto inculto
È la vite che parla;--e
Se tu vuoi della vite trionfare, non gli tòrre e non gli dare, e
più di due volte non la legare--e
Non s'ara come s'erpica.
Le viti si contentano di non esser governate, purché non si
spolpi il terreno intorno alle barbe con far semente che lo dissughino.--Non
mi toccare quando son molle, appartiene al potare, e così il più di
due volte non mi legare, che non avrebbe senso opportuno dove le viti
vanno su' luppi, ma per le viti basse vuol dire che il capo lasciato non sia
tanto lungo da doverlo legare più di due volte (LAMBRUSCHINI);--e
Vangami nella polvere, incalzami nel fango, io ti darò buon vino.
Arare come s'erpica farebbe lavoro troppo leggiero; mai può
valere figuratamente, che ogni cosa vuole il suo modo.
Per arricchire bisogna invitire (o avvitire).
Cioè, piantar viti.
Per fare un buon campo ci vuole quattro m: manzi, moneta, merda
e mano.
Para via, conduci i bovi aggiogati sul campo per
arare.
Per San Luca chi non ha seminato si speluca.
Si speluca, si batte l'anca e si mette le mani ai
capelli. Perciò bisogna arare la terra sia molle o asciutta. (PASQUALIGO, Prov.
ven.).
Per Sant'Andrea piglia il porco per la sèa (setola); se tu non lo puoi
pigliare, fino a Natale lascialo andare--e
Per San Tomè, piglia il porco per lo piè.
Per Santa Croce e San Cipriano semina in costa e semina in piano.
Proverbio spagnuolo.
Per Santa Maria Maddalena (22 luglio) si taglia la vena.
Poco vino vende vino, molto vino guarda vino--o
Poni i porri e sega il fieno, a qualcosa la chiapperemo.
Poco vino vendi al tino; assai mosto serba a agosto--e Poca uva,
molto vino; poco grano, manco pane. Quando v'è molto vino,
molto se ne beve, e nell'estate rincara; ma quando è poco, si fa bastare:
il pane si finisce presto.
Delle sementi, che fatte tardi è gran ventura se
corrispondono; per il che si dice:
Chi semina a buon'ora, qualche volta falla, e chi semina tardi, falla
quasi sempre.
Ghirlingò o Zirlingò, è un uccelletto che canta la
primavera; il Fringuello canta il verno;--e
Quando canta l'Assiolo, contadin, semina il fagiolo.
Quando il grano ricasca è segno che v'è molta paglia,
ossia, che il grano è fitto e rigoglioso. E però quando pure renda meno,
perché allettato, sempre si raccoglie più che quando è misero. (LAMBRUSCHINI).
Il grano ritto sullo stelo accusa spiga leggiera e piuttosto scarsa.
Quando il grano è ne' campi, è di Dio e de' Santi; (o è di
tutti quanti).
È sempre esposto a mille casi: ma
Quando è su' granai (o solai) non se ne può aver senza
denai.
Quando la terra vede la vena per sett'anni la terra trema.
Smunge il terreno.
Quando luce e dà il sole, il pastor non fa parole.
Esce subito con le pecore alla campagna.
Quando mette la querciola, e tu semina la cicerchiola.
L'ulivo.
Quattrin sotto il tetto, quattrin benedetto--e
Guadagno sotto il tetto, guadagno benedetto--e
Rivoltami, che mi vedrai.
Dove son corna, son quattrini.
Il guadagno della stalla è parte principalissima nella
economia del podere.
Parla qui la terra chiedendo vanga, della quale dicesi:
La vanga ha la punta d'oro--e
Rovo, in buona terra covo.
Chi vanga non l'inganna.
Cioè, con elissi famigliarmente ardita: chi vanga, dal
vangare non è ingannato; il vangare non lo inganna, non lo tradisce, gli
porta frutto; e di chi va molto a fondo negli scassi fino a cercare la terra
giovine.
Vanga piatta poco attacca; vanga ritta, terra ricca; vanga sotto, ricca al
doppio--e
Vanga e zappa non vuol digiuno.
Cioè la vanga e la zappa vogliono uomo ben pasciutto che
lavori forte. E dello strumento:
Cioè sia la vangheggiola lunga. Havvene altro grazioso
usato in Sicilia che gli abbraccia tutti:
Dove allignano i rovi, i roghi, la terra è buona pel grano.
(LAMBRUSCHINI.)
San Luca, cava la rapa e metti la zucca.
Chi nel marzo non pota la sua vigna, perde la vendemmia.
Sega l'erba a luna nuova e la vacca al bisogno trova.
Bisogna aver potato prima.
Perché allora più prontamente rigermogliano le erbe. Causa
ne sarebbe la maggiore umidità dell'atmostera nei novilunii.
Se il coltivatore non è più forte della su' terra, questa finisce col
divorarlo.
Il miglio si fa spesso sulle prode addosso ai filari: quindi
a zapparlo conviene andare a sentita, o quasi stare in orecchie, per non
offendere le barbe alle viti.
Solco rado empie il granaio.
Ogni muta, una caduta.
Terra bianca, tosto stanca--e all'incontro
Terra nera, buon grano mena.
Terra coltivata, ricolta sperata.
Genera frutta saporite.
Terren grasso villano a spasso.
Della raccolta delle fave: non gliene tocca cioè, tra 'l
maldocchio o i succiameli che le distruggono, e i contadini che le cuocciono
e se le mangiano innanzi di dividerle col padrone.
Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme e buon tempo.
Cioè vigna con poco sole, sia colpa del luogo dov'è posta
o dell'annata oscura e piovosa.
Vigna piantata da me, moro da mio padre, olivo dal mio nonno.
Allegria, Darsi bel tempo
L'allegrezza può esser gaudio del cuore segreto, ma
propriamente l'allegria è tripudio di molti insieme che abbiano voglia di
stare allegri quando anche non abbiallo allegrezza dentro.
A fare il vecchio si è sempre a tempo.
Buono animo e buon viso, pietanze che fanno pro; e non ne
godi tu solamente, ma chiunque vive o mangia teco. E perché bastano da sé
sole è motto di chi si scusa dell'esser scarso nell'onorare altrui con
vivande scelte.
Chi gode un tratto, non stenta sempre--e
Godiamo, chè stentar non manca mai--e
Chi ride e canta, suo male spaventa--e
Chi si contenta gode e qualche volta stenta: ma è un bello stentar, chi si
contenta.
Spesso suol dirsi ironicamente di chi vuol fare a modo
suo;--e
Una voglia non fu mai cara.
Ma chi disse:
L'allegria, ogni mal la caccia via.
Chi se ne piglia, muore.
E più argutamente:
Doglia passata, comare dimenticata.
Ogni lasciata è persa.
Fatta la roba, facciam la persona.
Così si dice delle occasioni di darsi bel tempo.
Cioè godiamocela; e dicesi pure:
Gente allegra Iddio l'aiuta.
Può riposare: e usasi pure quando alcuno si leva da letto tardi.
Il riso fa buon sangue--e
L'allegria è il primo rimedio della scuola salernitana.
Ogni volta che uno ride, leva un chiodo alla bara.
(Vedi Illustrazione I, in fine al volume.)
E dicesi per scherzo: Chi non consuma, non rinnuova.
Non è il più bel mestiere, che non aver pensiere.
Malinconia non paga debito--e
Scrupoli e malinconia, lontan da casa mia.
Un carro di fastidi non paga un quattrin di debito.
Ambizione, Signoria, Corti
Multos timere debet, quem multi timent (PUBLIO SIRO);--e
Chi bene e mal non può soffrire, a grande onor non può venire--e
Chi attende a vendicare ogni sua onta, o cade d'alto stato o non vi monta.
Chi è in alto, non pensa mai al cadere.
Il procedere dell'ambizioso vuole pazienza: è un farsi strada tra una folla
d'accorrenti, e qualche botta pure si tocca; convien beccarsela in santa
pace e tirar via.
Pare così all'invidia che guarda dal sotto in su; e chi è in alto mostra
la faccia sicura, ma in quel mentre co' piedi tasta se il terreno è sodo.
Chi è più alto, è il bersaglio di tutti--e
La saetta non cade in luoghi bassi.
Chi è vicino alla pignatta, mangia la minestra calda.
Anche in Orazio: feriuntque summos Fulmina montes.
Dimostra che si sale di continuo a guadagno. (SERDONATI.)
Chi in corte è destinato, se non muor santo, muor disperato--e
Chi vive in corte, muore in paglia--e
Chi servo si fa, servi aspetta.
Chi serve in corte, muore allo spedale--e
Corte e morte, e morte e corte, fu tutt'uno.
Cuncta serviliter pro dominatione (TACITO.) <<Il me plaist de
veoir combien il y a de lascheté et de pusillanimité en l'ambition; par
combien d'abjecion et de servitude il luy fault arriver à son but.>>
(MONTAIGNE.) Oh, quanti per giungere a comandare hanno piegato il groppone!
e non è meraviglia se ci arrivano curvi, e se l'abitudine di curvarsi gli
rende inabili a far cosa diritta.
Chi signoreggia, brameggia.
Non gli basta essere locato in alto: più in su, più in su; e poi? Ma
Chi tropp'alto monta, con dolor dismonta--e
Chi troppo sale dà maggior percossa--e
È meglio viver piccolo che morir grande.
Chi monta più alto ch'e' non deve, cade più basso ch'e' non crede--e
Chi troppo in alto sal, cade repente precipitevolissimevolmente.
Sulla buccia del cocomero si sdrucciola facile.
I favori delle corti sono come sereni d'inverno e nuvoli di state.
Durano poco.
I gran personaggi o non hanno figliuoli o non son saggi.
Il luogo e il grado non muta la qualità del possessore.
Il cortigiano è la seconda specie de' ribaldi.
E piaceva anche ai Farisei;--e
L'onore va dietro a chi lo fugge.
L'onore (bada bene, o lettore) qui s'intende per gli onori; ed
anche può intendersi per la celebrità, per la fama.
Meno male i calci d'un frate, che le carezze d'un cortigiano.
Quando l'inferiore insorge contro al superiore, il debole contro al forte.
Non riposa colui che ha carco d'altrui.
Purché vi pensi: il che però sempre non accade.
Ogni servo gallonato è un ozioso affaccendato.
<<Qu'est-ce qu'on fait à la cour? Courir et attendre.>>
Paura de' birri, desio di regnare, fanno impazzare.
che tre cose il re non ha:
di mangiare il pan condito,
come noi dall'appetito:
di veder levare il sole:
di sentir
e di udir
la verità.
(GIROLAMO GIGLI.)
Intendi il signore delle feste o allegrie che si facevano in Firenze nel
mese di maggio.
Sotto la scuffia spesso è tigna ascosa.
La scuffia era de' magistrati, dei dottori, dei barbassori, prima d'essere
delle donne.